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Coesistenza nel rispetto reciproco: cristiani a confronto sull’omosessualità
Conversazione di Andrea Panerini con Paolo Ricca
Paolo Ricca (Torre Pellice, 1936) è uno dei massimi teologi italiani. Ha insegnato dal 1976 al 2002 Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di teologia. Consacrato pastore della Chiesa valdese nel 1962, ha esercitato il ministero pastorale nella Chiesa valdese di Forano (1962-66) e di Torino (1966-76). Per conto dell’Alleanza riformata mondiale ha seguito il Concilio Vaticano II come giornalista accreditato, redigendone un commento teologico diffuso in diverse lingue. Insegna tuttora, come professore ospite, presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. È stato per 15 anni membro della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese con sede a Ginevra. Ha lavorato in diversi organismi ecumenici. In Italia collabora regolarmente al lavoro Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). È stato per due mandati presidente della Società Biblica in Italia. Nel febbraio del 1999 ha ricevuto un dottorato honoris causa in teologia dall’Università di Heidelberg e nel 2008 il «Predigtpreis – Kategorie Lebenswerk» del Verlag für die Deutsche Wirtschaft AG. Dirige, per la casa editrice Claudiana di Torino la collana «Lutero. Opere scelte».
Panerini: In quale occasione ha avuto modo di incontrare per la prima volta – durante il suo ministero pastorale – una persona omosessuale?
Ricca: Se ricordo bene tutto, l’incontro che più mi ha impressionato e mi ha obbligato a prendere coscienza della realtà omosessuale è quello con una persona che negava di essere gay, che non voleva essere omosessuale. Per questo motivo si era sposato, aveva avuto cinque figli, fedele – a suo dire – a sua moglie, ma giunto in una età più matura della sua vita personale non poté fare a meno di prendere visione di questa sua identità omosessuale, una disposizione che egli aveva sempre negato ma che alla fine ha prevalso e non poteva più essere rimossa. Mi chiese, ricordo, che cosa avrebbe dovuto fare, se dichiararsi alla famiglia e abbandonarla fisicamente, uscire dall’equivoco oggettivo che egli stesso aveva creato per essere se stesso, oppure se lo consigliavo di continuare a fingere di essere quello che non era.
Il Dio che resuscita la Chiesa
Siamo molto grati al pastore Paolo Ricca per aver dato proprio a noi – in anteprima assoluta – il testo della sua predicazione pronunciata nel culto della Riforma registrato il 31 ottobre che verrà trasmesso in Eurovisione Domenica 7 novembre. (red)
Paolo Ricca*
Egli mi disse: «Figlio d’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi dicono: “Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!” Perciò, profetizza e di’ loro: Così parla il Signore, DIO: “Ecco, io aprirò le vostre tombe, vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d’Israele. Voi conoscerete che io sono il SIGNORE, quando aprirò le vostre tombe e vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio! E metterò in voi il mio Spirito, e voi tornerete in vita» (Ezechiele 37,11-14)
Cari fratelli e sorelle che da diverse comunità di Roma e del Lazio siete convenuti in questo tempio, e voi tutti, fratelli e sorelle di vari paesi del nostro continente che con noi siete collegati e raccolti in un vasto, invisibile tempio televisivo europeo, avete sicuramente notato il grande contrasto che c’è in questi versetti tra quello che dice il popolo d’Israele esiliato a Babilonia – questo popolo siamo noi – e quello che dice Dio per mezzo del suo profeta. Il popolo dice: «Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è perita, noi siamo perduti!» (v.11), cioè siamo morti, morti dentro anche se vivi fuori, vivi in apparenza, in realtà morti. Dio invece dice: «Io aprirò i vostri sepolcri, vi trarrò fuori dalle vostre tombe, e voi tornerete in vita!» (vv. 12-12). Due discorsi diametralmente opposti, Dio dice il contrario di quello che diciamo noi, Dio ci contraddice! E meno male che ci contraddice! Meno male che pensa e dice il contrario di quello che noi pensiamo e diciamo! Meno male che i pensieri di Dio non sono come i nostri pensieri e le sue vie non sono come le nostre vie! (Isaia 55,8) Dio contraddice il nostro sconforto, non ci permette di essere demoralizzati e di piangere su noi stessi. Che Dio ci contraddica è la nostra salvezza, è la luce nella nostra notte, la forza nella nostra debolezza. Aggrappiamoci dunque saldamente alla Parola che Dio ci rivolge: «Voi tornerete in vita!» Questa è la Parola che vale, che conta e che Dio vuole incidere oggi nei nostri cuori.
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Estratto di una lettera a Riforma del 1° ottobre 2010, risponde il teologo Paolo Ricca
(…) Non conosco né il greco né l’ebraico, né ho passato lunghi anni sui libri di teologia. Mi avete presentato, un giorno, un Evangelo spiegato ai semplici, agli illetterati, che hanno risposto positivamente.
Voi, pastori, avete avuto accesso a informazioni e a testi più complicati e ora ve ne servite per giustificare comportamenti che ai miei tempi erano aberrazioni. Ho, il triste sentimento che oggi si cerca nell’Evangelo non il modo di comportarsi, ma la giustificazione del proprio operato.
Non vorrei essere frainteso, ma vi chiedo umilmente di meditare questa frase: voglia il Signore che non vi troviate nella situazione di scandalizzare il fratello semplice, che semplicemente, ma con tutto il cuore, ha creduto nell’Iddio che gli avete presentato tanti anni or sono.
Samuele Sieve (Ginevra)
Questa bella lettera non è stata indirizzata a questa rubrica, ma al nostro settimanale. (Riforma, ndr) Siccome sono anch’io un pastore, mi sento interpellato e, d’accordo con il direttore del giornale, la pubblico qui, e cerco di rispondere, beninteso non a nome dei pastori, ma, come sempre, a titolo personale.
«Una bella lettera», dicevo. Bella moralmente e spiritualmente. Moralmente per il suo tono pacato e sereno, senza risentimenti, accuse e sospetti malevoli – un tono amichevole e fraterno, che sempre dovrebbe caratterizzare i rapporti tra membri di chiesa, ma che purtroppo oggi è spesso assente.