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Creato e Regno di Dio: tracce per una discussione sulla giustizia sociale alla luce del Vangelo – Trascrizione della relazione di Paolo Ricca

Conversazione con Paolo Ricca

Il 21 marzo si è svolto l’incontro con Paolo Ricca, pastore e professore emerito, già decano della Facoltà Valdese di Teologia. Vi presentiamo una sintesi della sua relazione scusandoci fin d’ora per l’eventuale poca chiarezza del discorso, dovuta al fatto che l’intervento non è stato registrato e non si tratta quindi di una trascrizione: la sintesi deriva dagli appunti presi durante la conversazione.

Questo discorso va diviso in tre parti, sono tre diversi argomenti: responsabilità della fede verso il creato, responsabilità della fede per la giustizia sociale e responsabilità della fede e regno di Dio, poiché si tratta di tre cose distinte. Cominciamo dalla responsabilità della fede verso il creato e diciamo subito che c’è una premessa: possiamo parlarne in questi termini se confessiamo di credere nel Dio creatore. Da cui deriva che la natura non è divina, poiché è creata. Noi siamo un misto di natura e cultura, la terra è madre ma è anche figlia. Spinoza affermava che Dio è la natura, cioè Dio non crea, ma è e con se stesso fa esistere tutte le cose. Dio quindi è in tutte le cose, perciò non è persona. Questo non e quello che noi crediamo. La fede nel Dio creatore comporta la secolarizzazione del creato, e la sua desacralizzazione rispetto alle culture precedenti che vedevano Dio in ogni fenomeno che non sapevano spiegare. Un’altra conseguenza è che la terra, creatura di Dio, appartiene a lui e non a noi (Esodo, 9). A noi compete di lavorarla e custodirla.
La responsabilità della fede per il Regno di Dio. Il Regno di Dio non è il ripristino di una teocrazia. Questo esclude Israele, che era una teocrazia, ma esclude anche il regno di Cesare. Noi possiamo desiderare, credere, invocare il Regno di Dio ma non lo possiamo costruire. Ci viene detto: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e le altre cose vi saranno date in più”. Perché cercare, perché è qui, nascosto, ma qui. Cosa possiamo fare noi? Gesù si spiegava con parabole. Noi possiamo costruire parabole. Il ragazzo che da solo ha fermato i carri armati a piazza Tienanmen ha costruito una splendida parabola del Regno di Dio. Cercare il regno di Dio significa costruire delle parabole.
La responsabilità della fede nella giustizia sociale, è un tema relativamente nuovo nella coscienza cristiana collettiva, un movimento che è iniziato solo nell’800. Perché questa responsabilità è rimasta inevasa nelle chiese cristiane? Possiamo provare a dare tre risposte. A) La chiesa stessa, pur conservando sempre un carattere popolare, ha occupato come istituzione una posizione socialmente privilegiata. Ha quindi avuto difficoltà a identificarsi con le vittime di sistemi sociali ingiusti e a mobilitarsi in loro difesa. B) la fede nell’al di la con carattere risarcitorio ha reso meno impellente nei cristiani l’esigenza di stabilire in questo mondo la giustizia sociale. C) L’azione della chiesa si è sempre rivolta più alle persone che alle strutture, concretizzandosi nella carità piuttosto che nel combattere le cause dell’ingiustizia. Anche se questo non esclude che vi siano stati grandi interventi sulle istituzioni. Per es. la creazione degli ospedali è opera tipica della chiesa, la beneficenza, all’epoca della Riforma l’eliminazione della mendicità, non come si fa adesso in certi luoghi e situazioni (cioè facendo sparire dalle strade i mendicanti) ma fornendo ai mendicanti la possibilità di guadagnarsi da vivere. Cosa dobbiamo fare? Prima di tutto dare voce a chi non ce l’ha. Per fare questo è necessario immergersi nella condizione di chi soffre, immedesimarsi con loro. Poi, a livello sociale, transitare dalla democrazia politica alla democrazia sociale, cioè perseguire una più equa ripartizione della ricchezza, attraverso la democrazia economica.

Giustizia sociale e Vangelo

Il teologo Paolo Ricca a Firenze

Venerdì 21 marzo alle ore 18 presso il Centro culturale valdese di Via Manzoni, 21 a Firenze (pressi Piazza Beccaria) avrà luogo una conferenza del professor Paolo Ricca dal titolo “Creato e Regno di Dio: tracce per una discussione sulla giustizia sociale alla luce del Vangelo”.

L’evento è organizzato dall’Associazione “Fiumi d’acqua viva – Pace, Giustizia e Salvaguardia del Creato” in collaborazione con il Centro culturale protestante “Pietro Martire Vermigli”.

“Siamo oltremodo orgogliosi di poter ospitare in una nostra iniziativa una personalità di livello nazionale ed internazionale come il professor Paolo Ricca – ha dichiarato Marta Torcini, Presidente di “Fiumi d’acqua viva” – che ci potrà parlare con la sua competenza ed esperienza di uno dei temi fondamentali del cristianesimo in ogni tempo e che si interfaccia in maniera così drammatica con la nostra attualità di un mondo in crisi di valori, prima che di fattori economici. Siamo altresì molto felici di poter avviare una fruttuosa collaborazione con il Centro culturale protestante “Vermigli” che auspichiamo diventi sempre più stretta.”

Dopo l’evento verrà offerto un piccolo aperitivo dai volontari e dalle volontarie di “Fiumi d’acqua viva”.

Per informazioni: www.fiumidacquaviva.orgfiumidacquaviva@gmail.com – 3293276430 (Marta)

Paolo Ricca, teologo, ha insegnato Storia del cristianesimo presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma. La Facoltà di Teologia di Heidelberg gli ha conferito la laurea honoris causa. È spesso ospite della trasmissione di Radio 3 Uomini e profeti ed è direttore della Collana “M. Lutero – Opere scelte” della Claudiana. Tra gli ultimi libri pubblicati: Davanti a Dio. Leggendo il libro dei Salmi (2008), Giovanni Calvino. L’altra riforma (2009), Come in cielo, così in terra. Itinerari biblici (2009), Lutero, mendicante di Dio (2010), Le ragioni della fede (2010) e La fede cristiana evangelica. Un commento al catechismo di Heidelberg (2011)

Clicca qui per scaricare il volantino dell’iniziativa.

Coesistenza nel rispetto reciproco: cristiani a confronto sull’omosessualità

Conversazione di Andrea Panerini con Paolo Ricca

Paolo Ricca (Torre Pellice, 1936) è uno dei massimi teologi italiani. Ha insegnato dal 1976 al 2002 Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di teologia. Consacrato pastore della Chiesa valdese nel 1962, ha esercitato il ministero pastorale nella Chiesa valdese di Forano (1962-66) e di Torino (1966-76). Per conto dell’Alleanza riformata mondiale ha seguito il Concilio Vaticano II come giornalista accreditato, redigendone un commento teologico diffuso in diverse lingue. Insegna tuttora, come professore ospite, presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. È stato per 15 anni membro della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese con sede a Ginevra. Ha lavorato in diversi organismi ecumenici. In Italia collabora regolarmente al lavoro Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). È stato per due mandati presidente della Società Biblica in Italia. Nel febbraio del 1999 ha ricevuto un dottorato honoris causa in teologia dall’Università di Heidelberg e nel 2008 il «Predigtpreis – Kategorie Lebenswerk» del Verlag für die Deutsche Wirtschaft AG. Dirige, per la casa editrice Claudiana di Torino la collana «Lutero. Opere scelte».

Panerini: In quale occasione ha avuto modo di incontrare per la prima volta – durante il suo ministero pastorale – una persona omosessuale?
Ricca: Se ricordo bene tutto, l’incontro che più mi ha impressionato e mi ha obbligato a prendere coscienza della realtà omosessuale è quello con una persona che negava di essere gay, che non voleva essere omosessuale. Per questo motivo si era sposato, aveva avuto cinque figli, fedele – a suo dire – a sua moglie, ma giunto in una età più matura della sua vita personale non poté fare a meno di prendere visione di questa sua identità omosessuale, una disposizione che egli aveva sempre negato ma che alla fine ha prevalso e non poteva più essere rimossa.  Mi chiese, ricordo, che cosa avrebbe dovuto fare, se dichiararsi alla famiglia e abbandonarla fisicamente, uscire dall’equivoco oggettivo che egli stesso aveva creato per essere se stesso, oppure se lo consigliavo di continuare a fingere di essere quello che non era.

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Il Dio che resuscita la Chiesa

Siamo molto grati al pastore Paolo Ricca per aver dato proprio a noi – in anteprima assoluta –  il testo della sua predicazione pronunciata nel culto della Riforma registrato il 31 ottobre che verrà trasmesso in Eurovisione Domenica 7 novembre. (red)

Paolo Ricca*

Egli mi disse: «Figlio d’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi dicono: “Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!” Perciò, profetizza e di’ loro: Così parla il Signore, DIO: “Ecco, io aprirò le vostre tombe, vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d’Israele. Voi conoscerete che io sono il SIGNORE, quando aprirò le vostre tombe e vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio! E metterò in voi il mio Spirito, e voi tornerete in vita» (Ezechiele 37,11-14)

Cari fratelli e sorelle che da diverse comunità di Roma e del Lazio siete convenuti in questo tempio, e voi tutti, fratelli e sorelle di vari paesi del nostro continente che con noi siete collegati e raccolti in un vasto, invisibile tempio televisivo europeo, avete sicuramente notato il grande contrasto che c’è in questi versetti tra quello che dice il popolo d’Israele esiliato a Babilonia – questo popolo siamo noi – e quello che dice Dio per mezzo del suo profeta. Il popolo dice: «Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è perita, noi siamo perduti!» (v.11), cioè siamo morti, morti dentro anche se vivi fuori, vivi in apparenza, in realtà morti. Dio invece dice: «Io aprirò i vostri sepolcri, vi trarrò fuori dalle vostre tombe, e voi tornerete in vita!» (vv. 12-12). Due discorsi diametralmente opposti, Dio dice il contrario di quello che diciamo noi, Dio ci contraddice! E meno male che ci contraddice! Meno male che pensa e dice il contrario di quello che noi pensiamo e diciamo! Meno male che i pensieri di Dio non sono come i nostri pensieri e le sue vie non sono come le nostre vie! (Isaia 55,8) Dio contraddice il nostro sconforto, non ci permette di essere demoralizzati e di piangere su noi stessi. Che Dio ci contraddica è la nostra salvezza, è la luce nella nostra notte, la forza nella nostra debolezza. Aggrappiamoci dunque saldamente alla Parola che Dio ci rivolge: «Voi tornerete in vita!» Questa è la Parola che vale, che conta e che Dio vuole incidere oggi nei nostri cuori.

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E’ stato sbagliato non rispondere all’Appello al Sinodo: la Chiesa valdese nel suo percorso di riconoscimento delle coppie dello stesso sesso

Estratto di una lettera a Riforma del 1° ottobre 2010, risponde il teologo Paolo Ricca

(…) Non conosco né il greco né l’ebraico, né ho passato lunghi anni sui libri di teologia. Mi avete presentato, un giorno, un Evangelo spiegato ai semplici, agli illetterati, che hanno risposto positivamente.
Voi, pastori, avete avuto accesso a informazioni e a testi più complicati e ora ve ne servite per giustificare comportamenti che ai miei tempi erano aberrazioni. Ho, il triste sentimento che oggi si cerca nell’Evangelo non il modo di comportarsi, ma la giustificazione del proprio operato.
Non vorrei essere frainteso, ma vi chiedo umilmente di meditare questa frase: voglia il Signore che non vi troviate nella situazione di scandalizzare il fratello semplice, che semplicemente, ma con tutto il cuore, ha creduto nell’Iddio che gli avete presentato tanti anni or sono.

Samuele Sieve (Ginevra)

Questa bella lettera non è stata indirizzata a questa rubrica, ma al nostro settimanale. (Riforma, ndr) Siccome sono anch’io un pastore, mi sento interpellato e, d’accordo con il direttore del giornale, la pubblico qui, e cerco di rispondere, beninteso non a nome dei pastori, ma, come sempre, a titolo personale.
«Una bella lettera», dicevo. Bella moralmente e spiritualmente. Moralmente per il suo tono pacato e sereno, senza risentimenti, accuse e sospetti malevoli – un tono amichevole e fraterno, che sempre dovrebbe caratterizzare i rapporti tra membri di chiesa, ma che purtroppo oggi è spesso assente.

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